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Pensateci bene: quando agiamo col cuore, quando ci crediamo e ci fidiamo, ci diamo parecchio da fare. Rischiamo di perdere, sì, ma anche di innescare un processo inaugurale e creativo potentissimo. Il processo archetipico è affine a quello innescato dalla dea greca Demetra con la sua sfida solitaria allo strapotere tirannico di Zeus. Anche noi, come lei, rischiamo di cambiare le cose e di dar vita ad un nuovo mondo nel quale le persone non sono cose e ognuno può fare la sua parte in nome di un sistema più grande.

I Greci avevano una relazione fisica con le qualità umane: per parlare di generosità, cura degli altri, sollecitudine avrebbero invocato la dea delle messi. Era lei, non Zeus, a possedere l’energia vitale necessaria per far crescere e prosperare, la fiducia indispensabile per sostenere e nutrire l’evoluzione di individui e comunità. 

Fu Demetra, infatti, a dare vita ai Misteri Eleusini, la tradizione spirituale che durò circa 2000 anni e che aveva lo scopo di aiutare i mortali a comprendere le leggi della vita e della morte, a liberarsi dalla paura e vivere felici. Pensate: una dea voleva che gli esseri umani vivessero felici.

La scelta di insegnare – anziché punire – attraverso i Misteri fu radicale e inedita. Questa dea tradita e oltraggiata dal potere non si perse mai d’animo, attinse a tutto il suo coraggio e agì una dirompente alterità rispetto al suo tempo. Fece una rivoluzione. E lo fece col cuore, lo stesso che l’aveva consegnata anche alla sua estrema vulnerabilità (non poté impedire il rapimento della figlia). 

Aiutare gli altri nella loro ricerca personale della felicità, a comprendere e sviluppare il meglio di sé: sappiamo farlo?

Che rapporto abbiamo con questo mito? 

Gli uomini e le donne guidati da questo archetipo hanno doti comportamentali specifiche e riconoscibili: hanno solidità, capacità di infondere sicurezza, senso pratico, perseveranza. Hanno una naturale capacità di stabilire connessione con gli altri, perseguono unione e armonia perché sentono di appartenere ad un sistema più grande. Sembra attingano ad una fonte inesauribile di coraggio, che non abbiano paura di niente. Continuano a crederci, mantengono sempre vivo il senso profondo delle loro scelte. Si fidano degli altri, e si fidano soprattutto della propria abbondanza, di quell’inesauribile riserva di energia fisica, emotiva, spirituale che sostiene l’agire anche in circostanze avverse e garantisce la costruzione di legami forti e duraturi.

E questo vale per tutte le comunità umane, comprese quelle che si formano in azienda.

Dopo l’articolo del 25 Gennaio mi sono ripromessa di riflettere sulle potenzialità di leadership di questo archetipo.

Lo farò per punti:

  • Un leader ispirato da valori come amorevolezza e compassione vede e spesso anticipa i bisogni degli altri, riesce a sintonizzarsi anche con le richieste non esplicitate, e innanzitutto contribuisce a creare quel clima sereno e umano che fa prosperare le capacità: gli altri si sentono liberi di esprimersi, di sperimentare, di osare. Non temono il giudizio e la punizione. E’ questo il contesto nel quale i talenti possono germogliare e fiorire, non oscurati da leader che, anziché cercare possibilità di espansione umana, esercitano controllo, oppure direzionano il riflettore sempre e soltanto verso se stessi, generando competitività e inibendo gran parte del potenziale di sviluppo di collaboratori non altrettanto stimolati dalle sfide individuali.
  • Accorgersi in tempo di malumori, insoddisfazioni, bisogni personali inespressi significa creare le condizioni per anticipare fenomeni molto concreti e dalle conseguenze a volte nefaste: in quanti casi la riduzione della creatività, dell’abilità di problem solving, della produttività, la stagnazione e la rassegnazione, fino alle dimissioni dipendono da scarsa attenzione ai bisogni profondi anche di persone competenti?
  • Quando proviamo autentico interesse per gli altri, inoltre, abbiamo la possibilità di sviluppare una preziosa ricettività al campo, di accorgerci di dettagli rilevanti, di attivare le nostre capacità cognitive di riconoscere i segnali non verbali: notare il tremito di un labbro, l’opacità di uno sguardo, la tensione di un gesto. Esercitare l’empatia è qualcosa di molto concreto, corporeo: significa esercitarsi a guardare negli occhi, sentire il timbro di una voce, notare un cambiamento nella stanza, in generale collegare abitudini apparentemente irrilevanti a stati d’animo e predisposizioni soggettive. 

Quando siamo interessati, inoltre, cominciamo ad osservare di più, facciamo domande, dedichiamo tempo al processo spesso lungo e faticoso della comprensione. Mettiamo in campo tutta la nostra pazienza e la nostra capacità di attendere i tempi dell’altro. Non è affatto facile, ma è così che attingiamo all’immenso potere conoscitivo dell’ascolto, che ampliamo i nostri orizzonti, arricchiamo la nostra esperienza, quindi la nostra capacità di interpretare i fenomeni e prendere decisioni efficaci.

Come può un leader guidare gli altri se non comprende i loro stati d’animo e i loro bisogni, ciò che li muove nel mondo, che cosa è importante per loro? 

Come possiamo motivare gli altri se non ci appassioniamo ai loro desideri e alla loro visione di felicità, se non ci chiediamo da cosa sono gratificati o delusi, cosa li indebolisce e cosa, invece, li rafforza?

  • Come attivare questa capacità?

Come con tutti gli archetipi: indossando i panni della figura mitica che le ha dato la sua forma originaria. Nel caso di Demetra, c’è un comportamento specifico e inconfondibile, che ognuno di noi può mettere in atto da subito: quando qualcosa ‘non va’ e le persone mostrano demotivazione, resistenza, rassegnazione, ribellione, chiediamoci non come ristabilire il controllo e riaffermare il nostro potere, ma: “di cosa avrebbe bisogno?”. Basta questa semplice domanda a cambiare il nostro stato mentale e a trasformare la relazione. 

È proprio quando le persone si sentono viste, riconosciute, accolte che si sentono anche motivate al cambiamento. Gli esseri umani si dispongono al cambiamento soltanto quando vengono ascoltati nei loro bisogni e riconosciuti nella loro unicità.

  • E insieme ad una rinnovata disponibilità al cambiamento, si fa strada anche un sentimento fondamentale per l’evoluzione delle relazioni: la gratitudine. La gratitudine è una straordinaria fonte di energia e benessere, potenzia tutte le nostre facoltà e genera un meccanismo virtuoso e benefico per tutta l’organizzazione. Come vi descriverebbe un collaboratore che vi è grato per un apporto significativo alla sua vita, anche soltanto per aver ricevuto attenzione? Quali messaggi diffonderebbe? Quanti imprenditori e manager ricordano che la reputazione aziendale passa anche attraverso questi messaggi? 

Gli scopi individuali – dietro un bisogno si annuncia sempre uno scopo – non sono un ostacolo e nemmeno aspetti secondari e accessori: sono una risorsa per l’azienda. E la fiducia nelle possibilità degli altri di realizzare questi scopi ha sempre un effetto inaugurale e creativo: genera nuovi atteggiamenti mentali, apre una prospettiva per il futuro, comunica che ‘si può’. E’ uno dei regali più preziosi che possiamo fare a chi incontriamo sul nostro percorso professionale. 

Ed è un messaggio che arriva agli altri, ma anche a noi: che siamo parte di un sistema, e per quel sistema possiamo fare la differenza.


Autore: Lara Meroni – Copyright ©  Entelekeia srls, Tutti i diritti riservati.