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“L’arte e il genio consistono nel realizzare i propri progetti malgrado le difficoltà decidendo che nulla, o quasi, è impossibile” (Napoleone Bonaparte)

Napoleone fu tante cose: fu un generale, un condottiero, uno statista, un imperatore, un riformatore.

E fu una straordinaria e potente incarnazione di uno degli archetipi maschili più importanti da conoscere se vogliamo comprendere a fondo la nostra cultura e i nostri valori (anche nelle aziende i valori precedono sempre le competenze): l’archetipo del re, del fondatore di un regno, l’ideale umano di quei leader che nella sfera pubblica si pongono in una posizione di radicale e dirompente alterità rispetto al loro tempo, e inaugurano svolte epocali.

In quanto archetipo, forma originaria dell’esperienza umana, al di là dello spazio e del tempo, al di là dell’individuo, Napoleone può farci da guida all’esplorazione delle nostre potenzialità innate, all’affascinante scoperta della dimensione mitica delle nostre vite.

Sì, perché, se vogliamo comprendere ciò che ci accade – o non ci accade -, risolvere ciò che non abbiamo ancora risolto, è necessario ritornare alle radici, all’origine dell’esperienza, al mito che ha impresso per primo le sue figure nella nostra immaginazione. E il nostro immaginario affonda le sue radici nel mito greco. 

Nei protagonisti del mito greco ognuno può ritrovare pezzi di sé: siamo abitati da chiarezza razionale o da istinti guerrieri, da brama di potere o da generosità altruistica, da bisogno di stabilità o da curiosità esplorativa?

C’è un nesso inscindibile tra la nostra vita e il mito: le componenti mitiche dei nostri pensieri influenzano il piano emozionale della nostra esistenza. Quello decisivo, quello che mette davanti ai bivi e determina i destini. 

Qual è il modello archetipico messo in scena da Napoleone? Qual è il mito greco che orienta le sue scelte e ne determina gli esiti?

Tutti noi mettiamo in scena un mito. 

Il modo in cui stiamo, le scelte che facciamo, i risultati che otteniamo, dipendono da questo mito, dalla storia che ci raccontiamo. 

Qual è la nostra? Che la vita è una battaglia e un vero uomo combatte? O che è un gioco? Una fatica? Un terreno di conquista? Un palcoscenico? Un sogno? 

Diceva Kierkegaard che “la nostra vita è sempre l’espressione e il risultato dei nostri pensieri dominanti. Conoscere i nostri pensieri dominanti significa conoscere il destino che ci stiamo preparando”.

Nel caso di Napoleone, qual è la forma originaria, la matrice, della sua visione chiara, del suo decisionismo, della sua attitudine al comando, della sua smisurata ambizione?

La prima cosa da fare è ascoltare il suo linguaggio. Se ascoltiamo bene il linguaggio entriamo subito in contatto con la visione del mondo, quindi con l’archetipo che orienta e guida una vita. Se volete scoprire quale mito mettete in scena fate sempre caso alle cose che dite.

Questo è ciò che diceva Napoleone:

“Io sono un Imperatore romano. Io sono della migliore razza di Cesari, quella che fonda”

“Io ho un’anima di marmo. La folgore non ha potuto intaccarla, ha dovuto volare via”

 “La freddezza è la massima dote di un uomo destinato a comandare”

“Il cuore di uno statista dovrebbe essere nella sua testa” 

Io sono l’uomo più grande che sia mai esistito”

“Il genio non conosce l’impossibile”

“Io non sono fatto per le mezze misure”

“Circostanze, quali circostanze? Sono io che creo le circostanze”

“Attenetevi strettamente agli ordini che vi do: solo io so quello che devo fare”

“Alessandro, Cesare, Annibale, il grande Gustavo riuscirono sempre. Divennero uomini tanto grandi per la fortuna? No, solo perché erano grandi uomini si sono meritati la fortuna”. 

Cultura della fondazione, del costruire e del fare, non del pensare, cultura di coloro che puntano all’efficacia e alla soluzione, non degli introversi, degli idealisti, dei romantici.

Emergono chiaramente l’ambizione di porsi al di là di ogni misura, il disprezzo per la mediocrità e il compromesso, la presunzione delle proprie superiori capacità. Emerge innanzitutto un’incrollabile fiducia nella propria grandezza.

E questa fiducia ha un nome greco: Zeus. 

Il suo linguaggio poteva suonare più o meno così: “Io sono, io posso, io valgo, io farò”.

Quanti di voi si riconoscono? Quanti lo sentono distante, rappresentante di valori inaccettabili?

Fateci caso, perché ogni inaccettabile corrisponde ad una forza archetipica della quale ci priviamo.

Zeus era il supremo garante dell’ordine olimpico. Con la sua folgore teneva a bada gli dei e gli uomini. 

La sua storia racconta, quindi porta in essere, la brama di potere e di dominio, la stessa agita da alcuni genitori autoritari, da alcuni graduati con i soldati semplici, da alcuni dirigenti con i collaboratori che hanno un livello gerarchico inferiore. Racconta soprattutto la pulsione a primeggiare e a comandare che, in quanto pura energia archetipica, appartiene a tutti noi.

Nel mito greco, il potere era liberarsi dal potere del padre e farsi padre degli altri dei: così fece Zeus, che conquistò l’Olimpo dopo una guerra decennale contro i Titani e il padre Crono, vinta grazie all’alleanza strategica coi fratelli Poseidone e Ade, coi Ciclopi e i Giganti.

Pochi ricordano che la sua storia ci parla anche di meritocrazia, di apprendimento solitario, di sviluppo dei propri talenti e realizzazione del proprio potenziale.

Nella grotta di Creta, dove era stato nascosto alla nascita dalla madre Rea, avvenne la sua individualizzazione, la differenziazione dalla visione del mondo del padre, la liberazione da ogni ‘Io devo’ e autorità esterna, la chiarificazione dei suoi obiettivi. 

Non c’è niente di meglio dei nostri ‘Io devo’ per condannarci ad un pensiero – e ad un destino – da vittima.

E non fu certamente il suo caso, visto quello che sappiamo di lui.

Queste le caratteristiche fondamentali dell’archetipo di Zeus:

  • potere dall’alto e da lontano
  • visione ampia e strategica, capacità di cogliere le opportunità
  • imposizione del proprio volere
  • atteggiamento del buon padre di famiglia che tutto vede e provvede
  • capacità di intraprendere azioni ferme e decise, come l’aquila
  • ambizione e capacità di fondare un regno
  • attitudine al comando
  • dedizione assoluta al raggiungimento della vetta
  • freddezza, distacco emotivo 
  • nessuna aspettativa e rischio di delusione: ognuno fa i propri interessi
  • parola che diventa legge, basta una telefonata
  • capacità di motivare facendo leva sugli interessi altrui
  • flessibilità e adattamento alle situazioni: non si fanno cose inutili e folli 
  • priorità ad affari, politica, sfera militare, religione organizzata
  • capacità di osare e agire: nessuna paura del giudizio, dell’errore, dell’impopolarità, del rifiuto
  • sguardo sempre avanti

E allora in quale modo l’archetipo di Napoleone, incarnazione moderna di Zeus, ci può aiutare nella vita? Cosa accadrebbe se agissimo nelle nostre vite alcune delle sue qualità archetipiche? In che modo potremmo integrarle, nel rispetto dei nostri valori e della nostra idea di “vita degna di essere vissuta”?

Oltre che aiutarci quando si tratta di dare efficacia alle nostre buone intenzioni, stabilire confini chiari, difendere i nostri diritti, affermare il nostro potere di far accadere ciò che vogliamo e non ciò che dobbiamo, la visione di Zeus ci sostiene nel passaggio da una storia in cui siamo bloccati, vittime passive degli eventi, ad una nella quale al centro siamo noi col nostro potere di realizzare concretamente. 

Ci ricorda che abbiamo il potere, e la responsabilità, di agire il nostro sogno. Per noi stessi, e per il sistema. 

Sì, perché per Zeus c’è qualcosa di più importante della felicità: la responsabilità.

Quello che dice a se stesso, la storia che si racconta, non è “Non ce la faccio”, ma “Come posso fare per risolvere?”, non “E’ tutto sulle mie spalle”, ma “Io devo fare la mia parte”.

Se fosse davanti a noi oggi forse ci direbbe questo: “Impara a fare i conti soltanto con te stesso, non pretendere, non accusare, rimboccati le maniche, sviluppa le tue abilità, cerca la tua strada, fatti carico della tua vita”.

“Io sono, io posso, io valgo, io farò” è il linguaggio che più ci allontana da tutte le nostre lamentele, pretese, e accuse, che poi sono gli atteggiamenti che tengono in vita le nostre sofferenze.

Con Zeus, e con Napoleone, non abbiamo limiti, ma nemmeno scuse.
E se fossero davanti a noi oggi forse ci chiederebbero: “Cosa stai facendo, tu, deituoi talenti e dei tuoi sogni? In che modo li fai fruttare a vantaggio della comunità? Quale esempio dai? Sai che nessun altro potrà farlo al posto tuo?”


Autore: Lara Meroni – Copyright ©  Entelekeia srls, Tutti i diritti riservati.