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La parola “aspettativa” non gode di un’ottima reputazione. Raramente riceve recensioni lusinghiere.

Eppure ultimamente si fa largo spesso tra i miei pensieri (sì, bisogna farsi largo perché la strada è sempre piuttosto affollata e a tratti congestionata). Lei arriva, e io me ne sto lì a ripetermi che “prima o poi dovrò farci un articolo”. Sugli effetti nefasti delle aspettative, naturalmente. Insomma: ho pur sempre un ruolo.

E l’articolo, invece, non arriva.

Fino a che, durante un seminario, non mi ritrovo, appassionata e fiera, a tessere l’elogio delle pretese aristocratiche e intransigenti di Miranda Priestly, la protagonista del film “Il diavolo veste Prada”, il ‘capo’ della prestigiosa rivista di moda Runway mirabilmente interpretato da Meryl Streep. Be’, diciamo che non è stata nemmeno la prima volta: il busto eretto, lo sguardo penetrante e la voce aspra e tagliente di Miranda mi hanno aiutata spesso a raccontare uno dei miei miti preferiti: il mito di Athena.

Braccio destro di Zeus, protettrice degli eroi, “imponente e splendida dea guerriera”, Athena è presente nelle vicende di dèi e uomini ogni volta che si tratta di vincere, di trionfare, di realizzare e conquistare qualcosa di grande.

Non si può sbagliare, non si può indugiare, non si può cedere alla pigrizia, alla leggerezza, al pressapochismo. Servono doti degne di spiriti superiori. Servono intelligenza, volontà, forza d’animo, determinazione e perseveranza. La stanchezza e l’emotività sono per uomini e donne ‘piccoli’.

Ricordate come Miranda accoglie la nuova assistente, la neolaureata Andrea? Non ho parole!” è il messaggio che ogni postura, ogni gesto, espressione del viso, tono di voce, parola trasmettono davanti ad ingenuità, tentennamenti, inettitudini e incompetenze (valutazioni di Miranda, naturalmente). Ci sono evidenti e indiscutibili differenze di livello tra gli uomini. Persino gli eroi protetti e sostenuti da Athena nell’Iliade non sono devoti o innamorati della dea: non è questo che la muove ad aiutarli e a volgere le situazioni a loro vantaggio, ma il loro valore. Le sono estranei le passioni, la tenerezza, la commozione, i sogni. Estranee l’empatia, la comprensione dei sentimenti, delle debolezze, delle motivazioni altrui.

Eppure quando lei nasce la natura si commuove, la terra trema, il sole si ferma.

“Figlia del padre”, Athena nasce dalla testa di Zeus già adulta, vestita di una corazza d’oro e con in mano una lancia acuminata.

La sua luce erompe con crudezza quasi spaventevole nella nebbia della nostra giornata. Ella non conosce quel che noi chiamiamo sentimentale. Non vuole né saggezza, né sogno, né sacrificio, né godimento. La realizzazione, il presente immediato, il qui come pienezza e perfezione: ecco Athena.” (Walter Otto, Gli Dèi della Grecia”).

Si aspetta la vittoria, pretende la grandezza.

Al suo cospetto è inevitabile sentirsi a volte bloccati, inibiti, mortificati. È così che ci si sentiva davanti alla Medusa fissata alla sua égida, il mostro che aveva serpi al posto dei capelli e il cui sguardo aveva il potere di pietrificare.

No, no: non era una domanda. Andatevi a rivedere il video di YouTube con questa scena di pochi secondi, ma di grande impatto evocativo e simbolico.

O pensate alle risposte impeccabili e taglienti di alcuni insegnanti, o manager: “Non mi importa se è difficile, se sei stanco, se le condizioni sono avverse: bisogna farlo lo stesso”. Si può anche scegliere la ribellione e rispondere “no”, certo, a patto di sopportare di essere considerati incapaci, indegni, immeritevoli di considerazione.

E chissà cosa deve essere scattato nella testa di Andrea quando, anziché ribellarsi all’assurda richiesta di procurare entro un’ora due copie di un manoscritto di Harry Potter non ancora pubblicato, si scatena in una avvincente sfida contro il tempo, agisce con prontezza e lucidità, attiva contatti, sperimenta intuizioni, insiste, corre, usa strategie impensabili fino ad un minuto prima.

Che cosa fa? Perché mi colpisce tanto la sua reazione? Che cosa ci svela?

Guardiamo il fenomeno: Andrea agisce “come se” fosse possibile, soprattutto “come se” lei ne avesse la capacità e l’opportunità.

E ogni “come se” inaugura la possibilità generativa e vitale della finzione. Fingiamo, e così facendo risvegliamo energie, attiviamo risorse mentali ed emozionali, ci sintonizziamo su luoghi archetipici rimasti sopiti.

Fare è diventare” è il titolo dei miei seminari pratici. Le forze archetipiche sono sempre disponibili dentro di noi, anche quando non le vediamo, ma richiedono la nostra attenzione, il nostro agire, il nostro ‘dir di sì’.

E allora cos’altro accade quando qualcuno come Miranda Priestly ‘si aspetta che’ e ‘pretende’? Cos’altro si svela oltre all’obbedienza e al conformismo?

Pensateci bene: se dico “Tu devi”, “Tu devi. Punto!”, ciò che non dico, ma presuppongo e quindi porto in essere, è che “Tu puoi”. Presuppongo la fiducia nelle possibilità dell’umano.

Athena non comprende e non consola, non vede una ‘vittima’, un debole o un incapace. Vede eroi ed eroine. Si aspetta che l’agire umano sia all’altezza delle vette dell’Olimpo: che ci si rialzi dopo una caduta, che si fissi lo sguardo davanti a sé, che si riprenda una camminata decisa.

L’archetipo femminile messo in scena da Athena stimola l’agire eroico che appartiene ad ognuno di noi. L’intervento della dea nell’Iliade era risolutivo e salvifico come lo è quello di un’autorità – esterna o interna – che si aspetta e pretende che riprendiamo la nostra produttività ‘nonostante’. Nonostante la paura, nonostante la stanchezza, nonostante il dolore. Che ci alziamo, ci vestiamo, usciamo fuori, ci sediamo alla scrivania, alziamo il telefono, progettiamo, pianifichiamo, realizziamo.

A volte ci sentiamo così stanchi e offuscati da non riuscire più a vedere ciò che possiamo ancora fare. A volte ce la raccontiamo proprio, e ci rannicchiamo dentro le nostre scuse e le nostre narrazioni limitanti (“Vorrei, ma non ce la faccio, è troppo difficile, mi è capitato questo e quest’altro ecc.”).

Qualcuno forse è stato addirittura molto accudito e protetto, e non è mai stato incoraggiato a provarci, a cavarsela da solo, a risolvere senza chiedere aiuto, ad affrontare compiti difficili, a dar prova del proprio eroismo. Qualcuno è stato talmente compreso nelle proprie debolezze da smettere di credere nella propria forza.

Ciò che riconosciamo in un uomo accendiamo anche dentro di lui”, diceva Nietzsche. “Se tratti una persona come fosse ciò che potrebbe essere, diventerà ciò che potrebbe essere”, scriveva Goethe. Se vediamo un eroe, ci aspettiamo e pretendiamo un eroe, forse ne diventiamo anche i creatori. Sicuramente i mentori. Come è stata Miranda Priestly con la sua giovane assistente.

Nella scena finale del film qualcosa riluce come la dea. L’esigente, tirannica Miranda dismette la corazza per pochi secondi, abbassa gli occhiali sui suoi occhi lucenti, e sorride. Forse, chissà, al nuovo mito che, proprio grazie a quella vista acuta, a quella spada acuminata e a quella corazza apparentemente sigillata e inamovibile, aveva appena reso possibile per un altro essere umano.


Autore: Lara Meroni – Copyright © Entelekeia srls, Tutti i diritti riservati.